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Diaconia comunitaria

Alberto Torchio

Quando ho iniziato a frequentare questa comunità, e parliamo di circa 20 anni fa, la prima attività nella quale mi sono impegnato è stata il Bicchier d’acqua. Mi piaceva, e mi piace tutt’ora, questo aspetto militante della Chiesa che non si rassegna a vedere ingiustizie sociali, ma si impegna per testimoniare la propria disapprovazione e per cercare di portare un aiuto a chi lo chiede. Dopo un paio d’anni di volontariato al Bicchiere d’acqua sono entrato a far parte della Commissione diaconia. Perché questo excursus autobiografico? Perché quando sono entrato nella Commissione mi sono reso conto che la maggior parte delle cose delle quali si parlava e che si facevano, non soltanto io non sapevo cosa fossero, ma potrei anche dire che nemmeno capivo di cosa si trattasse. Eppure io ero stato membro della diaconia per un tempo tutto sommato non breve, malgrado ciò ero in realtà totalmente all’oscuro di buona parte delle nostre attività.

A partire da questo anno ecclesiastico sono diventato coordinatore della Commissione diaconia e uno dei miei primi pensieri è stato che, come allora, la mia visione della diaconia era estremamente limitata, probabilmente oggi è così anche per una buona parte della Comunità.  È mia opinione che la diaconia in questi anni non abbia saputo raccontarsi bene e che la comunità di conseguenza ne abbia una visione un po’ idealizzata, magari legata a vecchi cliché. Per questo uno dei miei obiettivi è quello di rendere partecipe la comunità di ciò che facciamo.

Purtroppo in questo momento ci scontriamo con circostanze estremamente complicate, per le quali è difficile immaginare di incontrare la comunità, ma non escludo in futuro di chiedere al Concistoro di autorizzarci ad organizzare delle brevi assemblee nelle quali poter esporre completamente le nostre attività e rispondere alle eventuali domande che vorrete farci.

La diaconia oggi è come un’automobile in fase di accelerazione; Massimo Long e Paola Stagnaro, che tutti conosciamo e abbiamo tanto apprezzato nel loro impegno per la Chiesa, trasferendosi hanno lasciato un grande vuoto organizzativo che abbiamo dovuto colmare. Anche la mancanza di Mario Magnano si è fatta sentire pesantemente. La diaconia quindi si  è riorganizzata per offrire non solo lo stesso livello di aiuto, ma anche per cercare di migliorarsi e di adattarsi alle capacità e alle professionalità dei volontari.

Chi di voi frequenta questi locali avrà già visto il martedì mattina le persone in fila per entrare nel salone dove poter consumare una frugale colazione e ricevere ascolto. Da qui poi vengono indirizzate ulteriormente, chi ha bisogno di vestiti andrà al Bicchier d’acqua, qualcuno riceverà una consulenza per la ricerca di un lavoro, qualcuno chiederà un aiuto per una bolletta scaduta, una rata di affitto, per l’acquisto di medicinali, qualcuno ha bisogno di imparare o perfezionare la nostra lingua. Tutto l’aiuto che la Chiesa dà è reso possibile attraverso l’impegno dei nostri volontari e volontarie e con le loro non trascurabili doti e competenze. Una differenza marcata rispetto a quello che si faceva in precedenza è che si è ridotto l’ambito degli aiuti spiccioli, tipo il pagamento di una bolletta, ampliando invece progetti a favore di singoli o nuclei familiari che vengono seguiti per un arco temporale più lungo, con più interventi, destinati ad esempio a consentire ad uno studente di terminare gli studi o ad una famiglia di superare un periodo di difficoltà economiche. L’obiettivo è quello di incidere di più nella vita delle persone che incontriamo cercando di creare le condizioni perché queste si affranchino dallo stato di bisogno nel quale versano.

La diaconia però non è sempre rose e fiori. Lo spostamento del Bicchiere d’acqua nella nuova sede di via San Pio V ha creato non poche discussioni delle quali si è avuta eco anche in un’assemblea di Chiesa. Il corso di lingua e cittadinanza, del quale vi posso anticipare che riaprirà la settimana entrante, ha avuto quest’anno un’attività altalenante in seguito alle disposizioni restrittive della circolazione delle persone che hanno evidentemente creato timore nei nostri studenti. Il tè della diaconia, che in termini numerici è un piccolo progetto ma ci consente di tenerci in contatto con le persone più anziane della comunità, ed è quindi particolarmente importante, è tuttora fermo per ragioni di prudenza e di buon senso e la sua riapertura rimane in questo momento nella lista dei nostri sogni. Sempre in alto in questa lista è anche la speranza di trovare nuovi volontari che portino energie e competenze in un’attività che è sicuramente gratificante nonché meritevole. Entrare in contatto con la diaconia è molto semplice, si può fare attraverso il pastore Jean Felix, che è pure impegnato in prima persona nelle nostre attività, oppure attraverso la segreteria, oppure mandando una mail semplicemente a diaconia@torinovaldese.org.

Alberto Torchio

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